I Libri

Le posizioni classiche dello Yoga

GLI INSEGNAMENTI DI UN MAESTRO OCCIDENTALE

Mario Umberto Verri


pp. 160  - brossura
Anno 2000
L’Arcano Editrice – Roma

(esaurito)

Il volume è un commento al primo Capitolo della Hathapradîpikâ. Vuol essere un’opera che porti a profonde riflessioni sulle proprie esperienze e ad un confronto con quelle dell’autore. Semplice, ma profonda, è arricchita da pensieri-poesia, utili agli intuitivi. Il testo, oltre ad una ricca introduzione sulla corrente Hatha e ad un glossario, si avvale di citazioni importantissime tratte da “Shiva e Gheranda-samhità, Yoga-upanishad, Goraksha-samhitâ e Vasishtha-samhitâ”.

PREMESSA

Siamo entrati nel III Millennio. Non è certamente un caso che in un periodo di transizione così importante, venga dato alle stampe un Commentario sulla Hathapradipika.
Percorrendo all’indietro la linea del tempo, ci troviamo, nella “realtà italiana Yoga” degli anni ’60, con C. Patrian a Milano, A. Naim a Firenze, A. Scandurra e Bretto a Roma.
Erano gli albori, si insegnava un tipo di Yoga basato principalmente sugli asana, con particolare riferimento al rilassamento, esercizi di respirazione (cos’era il Pranayama?) e accenni di meditazione. Cosa comprendevano in quel tempo gli allievi delle scuole di Yoga? Certamente quasi nessuno aveva sentito parlare di kriya, mudra, bandha, bindu, bindu-nadi, nadanusandhana, kundali, Astanga e Raja Yoga.
A quel tempo, lo Yoga era un richiamo per molti “vip”.
In Gran Bretagna, R. Hittleman insegnava Yoga alla TV per rendere i corpi più belli. In Australia, R. Blair lo insegnava per la salute o per ridurre peso e fianchi.
Ma, esistevano anche sparuti gruppi di persone che praticavano uno Yoga (vedanta) più profondo, come quello fondato da Hari Prasad Shastri in Gran Bretagna. Nella Svizzera, troviamo E. Haich e Selvarajan Yesudian che insegnavano asana e respirazioni. In Francia, tra i primi, Felix Guyot (C. Kerneiz) promulgava lo Hatha Yoga, mentre Lucien Ferrer e Roger Clerc già negli anni ’50 insegnavano uno Yoga basato sull’energia. In Belgio operava Andrè Van Lysebeth. Negli USA, invece si affermava sempre più la SRF di Paramahamsa Yogananda.
Lentamente cambiò il concetto e l’approccio allo Yoga. Si iniziava ad intravedere lo Yoga della Meditazione Trascendentale di Maharsi Maes Yogi, che, si suppone, sia stato il guru di un famoso quartetto musicale inglese. Lo Yoga serviva scientificamente a ridurre ansia e stress. E in India?
In India, erano già sorte negli anni ’20 e ’50 scuole prestigiose di Yoga: vi erano il Kaivalyadhama Institute di Swami Kuvalayananda a Lonavla, l’Asrama di Srì Aurobindo a Pondicherry, l’Istitute di Srì Yogendra a Bombay (con diramazione negli USA), l’Asrama di Swami Sivananda a Rsikes.
Nel nostro primo viaggio in India (1977) ci furono date e confermate indicazioni precise riguardo le Scuole di Yoga dell’Epoca. Erano tre: Kaivalyadhama Institute di Swami Digambarji con il co/Direttore M. L. Gharote a Lonavla; Bihar School of Yoga di Swami Satyananda a Munger, discepolo di Swami Sivananda; Ananda Asrama di Swami Gitananda a Pondicherry, discepolo di Swami Sankaragiri e S. Kanakananda. Nei nostri ricordi non manca lo stimato Guru Ambu dell’Asrama di Srì Aurobindo a Pondicherry.
Nel tempo abbiamo potuto ricevere e assimilare le Tradizioni di queste Scuole.
Inoltre con il passare del tempo, esponenti stimatissimi dei tre Asrama citati precedentemente hanno viaggiato nel mondo per trasmettere la Scienza della Coscienza.
Questa Scienza della Realizzazione non è cambiata. E’ cambiato il “nostro” concetto dello Yoga, della teoria e della pratica. Oggi, occorre comprendere come integrare la propria personalità ai più alti livelli ed essere coscienti simultaneamente di tutte le nostre energie e delle loro interazioni. L’approccio integrale, afferma che ogni parte esistente è importante. Se INTEGRAZIONE significa che il TUTTO è composto di parti in armonia, questo deve essere il risultato di un approccio ed una pratica olistici; ciò comporta un impegno accademico-sociale e personale-universale.
Trasmessa la tradizione, i Maestri hindu risiedono principalmente nelle loro Sedi, e dei loro insegnamenti, vi sono eccellenti ramificazioni in Italia.
Noi, ricevuto l’Insegnamento, lo mettiamo a disposizione di tutti gli adhikarin. Questo è la dimostrazione che la perseveranza e un cuore puro nello studio e nella pratica Yoga portano al Compimento.
Tale Libro è il risultato-ringraziamento a quanti abbiamo citati e ai Maestri Segreti ed è solo l’inizio di una Ricerca.

PRECISAZIONI

Tra le numerose opre ritrovate (antichi trattati e manoscritti) concernenti la Hathapradipika, ne sono state studiate e curate in modo particolare due:
1) KAIVALYADHAMA, composto di cinque capitoli per un totale di 409 versi. Di quest’opera si è elaborato, per l’edizione italiana, un commentp più approfondito.
2) JOODHPUR RORI JODH, costituto da sei capitoli, contenenti ben 1553 versi.
Quest’ultimo manoscritto, che risulta antico di oltre 200 anni, è stato scoperto recentemente e quindi si sta ancora conducendo su di esso, uno studio analitico e sistematico del suo contenuto e delle singole parti che lo compongono, che da una prima analisi risultano essere estremamente interessanti ed avvincenti.

INTRODUZIONE

LA CORRENTE HATHA

Cercheremo di entrare nel cuore della Tradizione Yoga., lavorando direttamente sui testi classici antichi, facendo al tempo stesso un lavoro di comparazione.
Il testo preso in esame è la Hathapradipika di Svatmarama Yogindra, la “Chiara Lanterna dello Hatha-Yoga”, testo databile all’incirca al 1500 d.C., fonte di ispirazione per altri autori, che in seguito scrissero altre opere come la Hatharatnavali, la Hathasanketacandrika, la Hathatattvakaumudi, loYogacintamani e lo Jogapradipaka.
Altri testi importanti, sempre citati assieme alla Hathapradipika solo la Gheranda-Samhita del saggio Gheranda, la Siva-Samhita di autore anonimo e, più completo sul piano filosofico, il corpus delle Yoga Upanisad. Queste tre opere saranno usate come rapporti di comparazione.
Di Svatmarama sappiamo molto poco, e cioè che in realtà si chiamava Cintamani, figlio di Sahajananda e allievo di Srinatha,e che prese il titolo di Yogindra, cioè di Signore, Maestro tra gli Yogin.
Lo Yoga enunciato da Svatmarama, si compone, ad essere precisi, di sei elementi, che sono: Sat-karmaAsanaKumbhakaMudraNadanusandhana e Kundalini.
Il Goraksa-Satakam e la Amrtanada-upanisad, ne hanno sei, la Gheranda-Samhita sette, la Patanjala Darsanam, Mandalabrahmana-upanisad e Sandilya-upanisad ne hanno otto, fino ad arrivare a quindici come la Teyobindupanisad.
Letteralmente il termine “Hatha” significa “forza, violenza, energia, applicazione”. Questo significa sia lavorare sulla nostra rigidità, sia lavorare al risveglio della Kundilini. Difatti, secondo la Yogasikha-upanisad e il Goraksa-Paddhati, ha soprattutto un significato più profondo e noscosto che è formato dalle due sillabe-seme HA che significa il sole (energia vitale, calda), e THA, che significa la luna (energia vitale, fredda), e quindi lo HATHA è “l’Unione nella Susumna delle due correnti di destra e di sinistra della forma vitale o Prana, circolanti nel corpo sottile o Suksma-sarira“.
Ma vediamo di comprendere meglio quanto sopra detto.
Finora in occidente, per quanto riguarda lo Yoga, ci si è limitati a studiare e in parte a praticare soltanto due o tre correnti principali: l’Astanga Yoga di Sri Patanjali, darsana classico a otto rami, loYoga della Bhagavad Gita, uno Yoga di sintesi e lo Hatha Yoga di Svatmarama Svamin, sistema a punto a sei rami o anga.
Considerato che lo Yoga di Sri Patanjali e della Gita, anche se non “praticati”, sono abbastanza diffusi e conosciuti, soffermeremo la nostra attenzione sul sistema Hatha che è meno noto e quindi meno trattato. La corrente Hata (seconda metà del I millennio d.C.), derivando dal Tantra, rispetto a tutta la tradizione Yoga, si può dire si sia sviluppata abbastanza recentemente nel mondo occidentale, intendendo ciò in maniera sempre più olistica.
Si tramanda che a fondare questo ramo fu Matsyendranatha (o Minanatha), termini che significano “Signore del Pesce” e “Pescatore”.
Allievo di Matsyendra fu Goraksanatha. Entrambi fuori dal comune, essi hanno dato spunto ad una infinità di leggende, in particolare Goraksa, che viene conteso da più parti dell’India, solo per assicurarsi della paternità del suo luogo di nascita.
Goraksa fece parte del movimento Natha ”Signore”, un movimento di tendenza sincretista, con influssi sivaiti, visnuiti, buddhisti e sakta. Si sostiene che a sua volta egli abbia fondato l’ordine deiKanphata-Yogin, termine sanscrito che significa “orecchie tagliate” e ciò per l’uso di portare enormi anelli alle orecchie (come appare in molte raffigurazioni Sivaitiche dell’India).
Scrisse due opere importanti come Hatha-Yoga (di cui si sono perse le tracce) e la Goraksa-Samhita ed è a questa seconda che possiamo riconnettere la Hathapradipika di Svatmarama.
La tradizione Hatha (e quindi Tantra) sviluppò almeno cinque caratteristiche principali:
1) La VITA vissuta in tutta la sua pienezza
2) Il corpo (allora) non è più in centro di sofferenza
3) Lo Yoga è psicofisico oltreché spirituale
4) Esiste una polarità non dualistica (Siva-Shakti)
5) Comprensione “del corpo sottile”
Esaminiamo alcuni temi in dettaglio:
a) Suksma-sarira
E’ il “corpo sottile”, costituito da Nadi, Prana, Cakra, Kundalini, ecc.
E’ il ponte tra lo Sthula-Sarira, il corpo fisico è il Purusa o Drastr, il Testimone Silente o la Consapevolezza Trascendente.
b) Nadi
Le Nadi sono effettivamente “flussi ” o più comprensibilmente “canali” attraverso cui scorre il Prana, ma come ciò praticamente avvenga va appreso dalla viva voce del Maestro.
Le Nadi sono in numero di 72.000 nell’intero corpo, ma solo tre sono veramente importanti:
- Ida Nadi = corrente vitale fredda, situata a sinistra nel corpo
-Pingala Nadi = corrente vitale calda, situata a destra
Susumna Nadi = canale di mezzo.
c) Prana
Pra = Prima; Na = Unità. Prima Unità della Vita. Soffio vitale.
I Prana o Pranavayu sono secondo la Siva Samhita, III, 4-8,: Prana, apana, samana, udana, e vyana come quinto: naga, poi kurma,4-5, : krkara, devadatta, dhananjaya sono i dieci nomi principali che io ricordo in questo Sastra. Essi adempiono le loro funzioni mossi dalle rispettive funzionalità di ognuno.
6) Tra i dieci soffi cinque hanno maggiore importanza e tra questi cinque i più importanti, a mio avviso, sono il prana e l’apana.
7) Il prana sta nel cuore, l’apana nell’ano, il samana nella zona dell’ombelico, l’udana nella gola, il vyana si muove in tutto il corpo.
8) I cinque restanti soffi vitali, a cominciare da quello detto naga, agiscono nel corpo provocando il vomito, l’apertura degli occhi, la fame, la sete, lo sbadiglio e, infine, il singhiozzo.
d) Cakra
Organizzazioni circolari dell’energia, sono in numero di sette principali, situati lungo e “dentro” la colonna vertebrale. La loro comprensione e “attivazione” passa attraverso un simbolismo e una scienza profondissimi. Sono: muladhara, svadhisthana, manipura, anahata, visuddha, ajna, sahasrara.
c) Kundalini
La “Forza Primordiale” nel corpo, la Sakti individuale o Potenza di Siva che riposa nel primo cakra, il muladhara alla base della spina dorsale. Siva rappresenta la Pura Consapevolezza trascendente risiedente a sua volta nel sahasrara, cakra alla sommità della testa. Fin qui la tradizione Hatha.
Prima di continuare facciamo un lavoro minimo di comparazione con il sistema classico di Sri Patanjali, gli Yogasutra.

ASTANGA YOGAYama          - Controllo, Astinenze
Nyama        - Autodisciplina, Osservanze
Asana         - Posizioni del corpo
Pranayama  - Contollo energetico
Pratyahara  - Controllo sensoriale
Dharana      – Concentrazione
Dhyana       – Meditazione
Samadhi      - Integrazione, Identificazione

Yama-Niyama
Conosciamo gli Yama e i Niyamadi di Patanjali. Svatmarama invece non parla molto di Yama-Nyama, li da per scontati ance se seguiva una tradizione diversa, infatti include Mitahara (dieta regolata) negli Yama e Ahimsa (innocuità) nei Niyama.

Asana
Il termine viene tradotto generalmente come posizione del corpo, ma è qualcosa di molto più profondo. Asana è un ponte dinamico tra corpo e mente per superare e trascendere entrambi. E’ la concentrazione (Dharana) vissuta nella sostanza stessa del corpo fisico (carne). La materia vivente viene plasmata e riplasmata sia dall’attenzione che dalla volontà fino a farle assumere una Forma universale o addirittura una non-Forma, trascendendo chiaramente i limiti degli schemi attuali. Possiamo inoltre dire che la concentrazione all’inizio fissa la propria forza in un grande o medio cerchio, per divenire poi, con la pratica continua un punto (Bindu) ed infine dissolversi in esso.
Nell’asana quindi è presente il processo totale dello Yoga interiore, il Samyama, cioè di Harana, Dhyana e Samadhi.

Pranayama
Prana è la più piccola unità della Sakti. Il Prana è la Vita, è la sostanza vivente. Pranayama viene tradotto come estensione e controllo del respiro, quindi dell’energia. In genere viene troppo identificato con l’allungare o trattenere il respiro e molte volte in mode errato.
Pranayama significa anche “assorbimento mentale” ed estensione e nutrimento del Prana a “tutto il corpo”, intendendo per questo anche i talloni e l’intero Corpo Sottile.

Pratyahara
Emancipazione della mente dal dominio dei sensi. La mente è “staccata” dai sensi, quindi riposa nella propri forma. Questo è l’ultimo livello.

Dharana-Dhyana-Samadhi
Sono fasi di un processo unico. Ne abbiamo già accennato a proposito degli asana. E’ lo Yoga interiore e questa è la descrizione concisa data da Patanjali: “Concentrazione” è il fissare la mente in un punto. Meditazione è il continuo flusso su questo punto. Quando questa meditazione assume come unica forma quella del seme di mediazione, diventando come priva di natura propria, allora si ha l’Identificazione.
Le tre, applicate a uno, sono la “disciplina o controllo”.
Nel Samyama avviene, se attivato, la piena comprensione Mondo, della Coscienza e del Trascendente.
SISTEMA SAMKHYA

Nella filosofia hindu vi sono sistemi filosofici, o meglio, sei “punti di vista o visioni”, Darsanam.
Sono Nyaya-VaisesikaSamkhya-YogaPurva-Mimamsa e Uttara- Mimamsa Vedanta.
Sono considerati ortodossi perché fondati sui Veda.
La disciplina Yoga è basata sul più antico tra questi sistemi. il sistema Samkhya di Sri Kacapila, ma ne differisce in almeno quattro punti:
1) Il Samkhya si fonda sulla sola capacità dell’intelletto di discernere la Realtà o Purusa, lo Yoga ha tutta una metodologia pratica per raggiungere invece l’Enstasi o Samadhi.
2) Il Samkhya si può dire sia “ateo”, laddove lo Yoga è teistico.
3) C’è una differenza ontologica essendo lo Yoga di più ampio respiro e orientato fermamente verso la pratica.
4) Differenza terminologica.

HATHAPRADIPIKA

Prathamopadesah

ASANA
I
SRI ADINATHAYA NAMO’ STU TAMAI YENOPADISTA HATHA
YOGA VIDYA
VIBHRAJATE
PRONNTARAJAYOGAMARODHUMICCHORADHIROHINIVA
Io rendo omaggio al Signore Primordiale che insegnò la Scienza dello Hatha-Yoga. Tenuta in si alta stima, ella appare come una scala per colui che anela di ascendere alla più alta vetta del Raja-Yoga.

COMMENTO
Abbiamo imparato dopo lunghi anni di studio e pratica Yoga a rivolgere particolare attenzione ad ogni termine sanscrito, al modo con cui sono costruiti i sùtra, termine dopo termine, come si susseguono e sono interrelati.. La Luce che ne deriva è a dir poco stupefacente.
Svatmarama rende omaggio ed ossequia prima di tutto il Guru Originale: Sri Adinatha. Ciò è tipico delle scuole serie e profonde dello Yoga sia pratico che a struttura iniziatica.
Si pensa che la Scienza dello Hatha-Yoga fosse originamente insegnata e trasmessa dal Signore Siva, qui denominato Adinatha, alla sua sposa Parvati.
Perciò diverse opere che trattano di Hatha-Yoga e Tantra risultano scritte sotto forma di dialogo fra due divinità.
L’insegnamento profondo che attraverso il simbolo si vuol far pervenire è, che il Signore Siva rappresenta il Guru o Maestro e Parvati rappresenta il discepolo.
Non si può imparare lo Yoga da auto didatti (salvo eccezione), occorre la guida di un Maestro.
L’adhikarin (discepolo qualificato) che vuole avvicinarsi allo Yoga e al Guru deve avere dei requisiti basiliari di partenza che sono: pura motivazione, sincerità, fede e devozione, in una parola sola occorre avere SRADDHA, che è la fede della Verità.
Svatamarama ci insegna che bisogna sottomettere l’ego, l’orgoglio, uscire fuori dall’attaccamento personale per avere la strada spianata verso gli stati di Consapevolezza, che è rappresentata da Sri Adinatha, il Signore Siva, Signore degli Yogin.
Allora si può apprendere e praticare con determinazione la Hatha-Yoga-Vidya, la Scienza dell’Unione del Sole (HA) e della Luna (THA), che nel simbolismo dello Yoga si rifanno ai due poli opposti di tutta la manifestazione, Purusa e Prakrti, Siva e Sakti, a Brahman e Maya, allo Yin e allo Yang, ecc., alle due correnti del soffio vitale, Prana e Apana e Ida e Pingala.
“Questa scienza appare come una scala” — Il verso prosegue usando come simbolo una scala, che denota salita, ascensione alle alte vette del Raja passo dopo passo, prepararsi quindi degnamente con lo Hatha per salire poi al Raja, lo Yoga psico-spirituale, intendendo comunque i due strettamente interrelati e non uno migliore dell’altro.
Ma se non c’è, appunto, l’attitudine di fondo, che è l’abbandono, la non-superbia, la mancanza di arroganza, si diventerà tutt’al più degli “ottimi tecnici” di Yoga senza aver penetrato il cuore della vita.

1) Sutra Intuitivo (*)
Diventando TE o Sri Isvara io Esisto.
Con la Tua Presenza io Sono.
La Beatitudine si instaura
Solo quando Amo Te!
Non vedo che non posso fare altro?
Lasciandoti entrare, ACCADE.
Un ponte di gradini infiniti di Coscienza
mi orienta
verso le alte vette Regali.

ANNOTAZIONI

Cfr. Gheranda Samhita I, 1 — Io mi inchino di fronte a quel Dio Antichissimo che insegnò la scienza della Costante Autodisciplina, lo Hatha Yoga — una scienza che risalta come il primo gradino sulla scala che conduce alle supreme altezze dell’Autodisciplina per eccellenza, il Raja Yoga.

Cfr. Siva Samhita I, 1-3 — Solo la Jnana (Conoscenza) è eterna, è priva di inizio e di fine; non esiste nessun’altra sostanza reale cosicché la differenza in questo mondo è dovuta alla limitazione dei sensi; tale limitazione appare per conoscere, non per altro. Allora io, Isvara, che amo i miei devoti, che concedo a tutti gli esseri la liberazione dello spirito — lasciate da parte le opinioni di coloro che sono soliti disputare, opinioni che producono falsa conoscenza — espongono i precetti dello Yoga per l’affrancamento spirituale di coloro che solo in me confidano.

Cfr. Goraksa-Satakam 1 — Interpreterò il Goraska-Satakam per l’emancipazione degli uomini dai vincoli della vita di questo mondo. (E’) una loro guida per la conoscenza dell’Io e una chiave per (aprire) la porta del discernimento. 2 — Questa è una scala alla Liberazione, è una fuga dalla Morte, nello stesso modo in cui la mente cacciata dall’Illusione rimane attaccata al più Alto Io.

Cfr. Yogatattva Upanisad 1 — Al fine d’aiutare gli Yogin ad avanzare sulla via dello Yoga, ne insegnerò i principi; chi avrà ascoltato e assimilato questa dottrina sarà sempre purificato da ogni macchia di peccato.

1 risposta a Le posizioni classiche dello Yoga

  • silvia

    seplici e belle informazioni.
    grazie

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